Ho iniziato a dare esami alla tenera età di 6 anni: esattamente 30 anni fa, infatti, quando ancora noi “primini” eravamo un’eccezione, ho dovuto dimostrare alle maestre e al preside della scuola elementare pubblica che sì, sapevo comportarmi e sapevo anche leggere, scrivere e far di conto a livello degli altri bambini di seconda elementare.
Quando ne parlavo in questi giorni con mia mamma, lei aveva ricordi molto diversi dai miei per quel che riguardava il costo di un anno di “primina”: era un anno di scuola privata, e – come ricordavo bene io – all’epoca era un mini salasso. Per verficarlo, sono andata a ripescare le scartoffie diligentemente archiviate nel mio faldone personale: tra pagelle, certificati di nascita e residenza e fototessere, sono spuntati fuori i documenti e i moduli relativi alla “primina” e alla richiesta di ammissione all’esame di accesso alla seconda elementare.
Quello che mi ha colpito, e che ho subito indicato a mia madre, è il formato del modulo prestampato dalla scuola pubblica: non tanto il “il proprio figlio”, che è stato prontamente corretto da mia madre in “la propria figlia“, bensì il “il padre o chi ne fa le veci”, confermato anche da “il padre” in calce. Mia madre, 30 anni fa, poteva al massimo ambire a “fare le veci” di mio padre, in un ambito così quotidiano.
E allora in un contesto come questo stranissimo 2020, in cui regna sovrana l’incertezza su tutti gli aspetti della vita quotidiana, il mio augurio a colleghi insegnanti, agli studenti, ai genitori e a “chi ne fa le veci” è di riuscire ad apprezzare le conquiste che ormai diamo per scontate – dall’uguaglianza di diritti e doveri di entrambi i genitori al semplice fatto di avere un banco su cui appoggiarsi, all’aiuto che può dare la tecnologia in situazioni di emergenza.
In bocca al lupo – break a leg!
-Luna C
PS – Ho anche evidenziato la richiesta di certificato di vaccinazione, assolutamente normale già 30 anni fa!
